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mercoledì 19 ottobre 2016

NOVA GENERACIJA: LA FILOSOFIA SPORTIVA DELL'EX JUGOSLAVIA




Petrović, Divac, Kukoc, Radja, Boban, Bokšić, Savićević.
La Jugoslavia unita era un idra, il noto mostro a più teste affrontato da Eracle nelle sue fatiche, il quale aveva il vantaggio di vedere due teste rispuntare ogni volta che l’eroe greco ne tagliava una.
Un essere apparentemente invincibile quest'idra sportivo, con un punto debole, però, apparentemente invisibile ed ignoto, ma terribilmente fatale.

La Jugoslavia sportiva sarebbe stata, e lo dicono le statistiche odierne, una delle corazzate dello sport mondiale di oggi, stabilmente nelle contenders delle maggiori competizioni internazionali.
La politica e le differenze etniche hanno fatto scoppiare un orologio svizzero, in cui atleti di etnia e religione differente riuscivano a convivere come fratelli fin da bambini, dai tempi spensierati dei ritiri sui monti di Rogla con le nazionali giovanili e militari.

Con la disgregazione della Jugoslavia, i nuovi singoli campionati delle antiche sei Repubbliche fedeli a Tito hanno dovuto vedere in faccia la realtà giornaliera, rappresentata da pochi finanziamenti e poca, veramente poca, competitività.
Un processo brusco ed improvviso, altamente simile a quello subito dal campionato italiano di pallacanestro negli ultimi anni, che però il mondo sportivo dell’ex Jugoslavia ha saputo trarre a proprio vantaggio.
I maggiori club dei campionati di pallacanestro partecipano oggi all’ABA Liga, o Adriatic League, una rincarnazione del defunto campionato di pallacanestro jugoslavo, ma soprattutto un’occasione per continuare a tenere viva la fiamma della filosofia sportiva dell’antica Federazione, in cui i giovani venivano coltivati e seguiti passo passo per imporre loro fin da principio una mentalità, al tempo militare, da atleta professionista dedito all’attività sportiva per la Federazione.

L'Under 18 di Lubiana, invitato al Junio Tournament dell'Eurolega come riconoscimento del grande lavoro giovanile svolto 


Per continuare con questo ragionamento, le lancette dell’orologio devono tornare al 12 Settembre 2015, quando, al principio del mio lavoro con la Pallacanestro Reggiana, l’Under 18 affrontò a Gorizia, nel PalaSport dedicato all’indimenticato Pino Brumatti, i pari-età dell’Olimpija Lubiana.
Ho già citato il grande lavoro dei Green Dragons con il loro Settore Giovanile come esempio nell’analisi riguardante la possibilità di un progetto di polisportiva a Reggio, ma ci tengo a farlo nuovamente.
Grinta, organizzazione, tecnica e soprattutto QI elevatissimo: questa era l’Under 18 dell’Olimpija allenata da coach Blaž Bergant, il quale ricopre anche l’incarico di assistente nell’Under 20 della nazionale slovena.
La prima impressione che mi ha fornito la squadra slovena è stata quella di avere di fronte una squadra di giocatori più maturi della propria età, con una tattica e una stabilità mentale molto vicina a quella propriamente richiesta ad un atleta che fa il giocatore come mestiere.
Pochi mesi dopo, infatti,  nella squadra riserve Union Olimpija II sconfissero gli Helios Domžale in un amichevole, gli stessi Helios che la scorsa stagione hanno vinto il massimo campionato sloveno.
L’Olimpija Lubiana, di fatto, ha una collaborazione ufficiosa con il centralissimo Gimnazija Šentvid, uno storico liceo della capitale slovena strutturato come una High School americana tanto da avere un occhio di riguardo per le discipline sportive: i molti giovani atleti dell’Union sono seguiti sia sul piano scolastico da un istituto che impartisce loro cultura ed attenzione alle qualità sportive espresse, sia sul piano sportivo dalla società.
Cultura e sport, una combinazione vincente arricchita dalle molte squadre satellite nella provincia di Lubiana, tra le quali non si può non citare lo Slovan, seconda classificato in Slovenia dal 2004 al 2006.
Per lo Slovan hanno militato Goran e Zoran Dragić, Rasho Nesterović, Miha Zupan, Emir Preldžić, Uroš Slokar, molti dei quali acquistati successivamente dall’Olimpija.
Grazie alla constante esperienza e alla mentalità loro impressa fin da bambini, tanti giovani giocatori sono arrivati pronti e non hanno subito il salto dalle giovanili al professionismo, come testimoniato da Blaž Mešicek e Vanja Marinković nelle ultime stagioni.
La Dinamo Zagabria è riuscita a svolgere un qualcosa di simile nel calcio, con tanti giovani cresciuti nel vivaio ora affermati a livello europeo.

Il giovanissimo roster del KK Mega Leks

Ieri sera, nella Basketball Champions League, la Scandone Avellino ha espugnato il campo del KK Mega Leks di Belgrado, novità assoluta nelle Coppe Europee.
Dal 2004 la società è di proprietà del super agente Misko Raznatović, che cura gli interessi di gente come Amedeo Della Valle, Cedi Osman, Marko Gudurić, Dario Saric e Vassilis Spanoulis.
Raznatović ha improntato la squadra secondo la sua filosofia di lanciare giovani giocatori, molti dei quali da lui stesso rappresentati, riuscendo lo scorso anno a terminare al secondo posto l’ABA Liga.
Il roster della squadra conta un 92’, un 93’, un 94’, cinque 95’, tre 96’, un 97’ (Čančar, arrivato da Lubiana) e tre 98’ , molti dei quali provenienti da altri settori giovanili, il che è un attestato della buona considerazione di cui gode la squadra presso i giovani giocatori dell’ex Jugoslavia.
Il Mega Leks ha rilanciato un progetto giovanile con risultati immediati, riuscendo dove il KK FMP, squadra in cui la Stella Rossa prestava i propri giovani, fallì.

La nazionale femminile serba di volley: nella foto Malešević (91'), Stevanović (92'), Ognjenović (84'), Mihajlović (91') e Bošković (97')

I recenti risultati raggiunti dalla Serbia a livello olimpico e mondiale dimostrano che la generazione nata dalla prima ondata dei settori giovanili dopo la disgregazione della Federazione sono la testimonianza concreta della grande riuscita del modello e della mentalità sportiva degli Slavi del Sud.
Se da noi, in Italia, si tende ad esaltare, quasi si necessitasse di un giovane prodigio, per smentire le critiche al nostro modo di intendere e fare sport con i giovani, nell’ex Jugoslavia il clamore intorno ad un giovane atleta che mette piede nel grande palcoscenico è pressochè nullo.
Tijana Bošković, prodigio del 1997, è stata prima scoperta nella Republika Srpska dal Partizan e poi lanciata a quattordici anni nella prima squadra, per poi essere immediatamente lanciata nella nazionale serba di pallavolo argento a Rio 2016, dove ha mostrato una tenuta mentale straordinaria.

Luka Dončić, talento classe 1999 del Real Madrid con un ottimo minutaggio in Eurolega. Ha mosso i primi passi con l'Olimpija Lubiana

La mentalità jugoslava, decantata da coach Repeša nell’intervista già precedentemente citata, ha saputo affrontare con soluzioni immediate il declassamento dei campionati nazionali prima e della Lega Adriatica poi, puntando su giovani adulti educati a vivere una vita da atleta a tutto tondo.

1 commento:

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