Il nuovo Presidente dell’A.C.
Reggiana Mike Piazza ha di recente dichiarato di voler tentare di convincere il
suo concittadino di Philadelphia Kobe Bryant ad entrare all’interno della
società granata, visto il suo forte legame con la nostra città.
Tali affermazioni hanno da un
lato, come era prevedibile, esaltato le aspettative e alimentato un sogno
all’interno della tifoseria, dall’altro alzato un forte coro di “Dovrebbe
investire nel basket!” tra i palati fini di pallacanestro.
A Reggio Emilia siamo unici nel
nostro genere, e non parlo solo di mentalità e modo di tifare e vivere lo
sport: all’ombra della Ghiara possiamo infatti vantare ben quattro società
professionistiche di alto livello, tre in Serie A (A1 Pallacanestro Reggiana, A2
Volley Tricolore ed Eccellenza Rugby Reggio) e una che finalmente, dopo anni di
incertezze ed interrogativi, può finalmente basarsi su una proprietà solida ed
un progetto spalmato su più stagioni, cioè l’A.C. Reggiana 1919.
La Burro Giglio 1977-78 con lo Scudetto sul petto
Ritengo però che nella Città del
Tricolore ci sia terribilmente un vuoto, quello del volley femminile, che ha
fatto la storia della città e che, dalla scomparsa della Stella della Pallavolo
Reggio Emilia, ha avuto solamente la Crovegli a colmarlo per un istante grazie
alla grande passione sportiva del compinato Walter.
Nonostante sia orfana di una
parte importante della propria storia, Reggio è una città che vive lo sport,
una città “che sta bene” sportivamente parlando, e lo dimostrano i quasi 4700
di Bologna di sabato, quando in Piazzale Atleti Azzurri d’Italia erano quasi
5.000 i tifosi granata a vedere la Reggiana sconfiggere il Fano 3-1.
Reggio, per le sue
caratteristiche, sarebbe un terreno fertile per il progetto della polisportiva,
promosso e caldeggiato anni fa sui giornali da persone di sport: un tale
progetto garantirebbe sport ad lato livello, interesse, sponsor, introiti e
sviluppo delle attività giovanile allo sport cittadino, che potrebbe fondarsi
su basi solide.
L’idea di una grande arena polivalente,
costruita in zona stadio in futuro, sarebbe in questo senso essenziale per la
formazione di una grande “Città dello Sport”, casa dello sport reggiano e
centro in cui incanalare le maggiore attività giovanile e i grandi eventi
extrasportivi.
Lo Stozice Stadium e la Stozice Arena alla periferia di Lubiana |
Tutti i club che hanno avuto
successo nella propria storia, se ci ragioniamo, devono il proprio successo
alla polisportiva alle loro spalle, all’unione comune di idee e forze e alla
corretta gestione di attività e fondi.
Polisportiva, però, non vuol dire
per forza uniformare colori, stemmi ed identità, come un Barcellona per
intenderci, né significa possedere più squadre unite da medesime finalità, come
il City Sports Group (Manchester, New York e Melbourne) o gli investimenti Red
Bull (Salisburgo, New York, Lipsia, Brasile e Ghana).
Un esempio di polisportiva
differente è la città di Vitorìa-Gasteiz, uno dei principali centri della
regione del Gipuzkoa nei Paesi Baschi: la storica città basca è sì inferiore
storicamente alle potenti Bilbao e San Sebastian, ma stabilisce un unicum del
panorama dell’Euskal Herria, avendo le due principali squadre sportive, il
Deportivo Alavés di calcio e il Saski Baskonia di basket, gestite dal medesimo
board di proprietari.
L’Alavés, dopo l’exploit del 2001
in cui giunse in finale di Coppa UEFA, sprofondò per gravi difficoltà
finanziarie di categoria in categoria, finendo addirittura in Tercera (Serie
C); nel 2011 Josean Querejeta, presidente del Baskonia, salvò l’Alavés e formò
questo nuovo modello di polisportiva, il quale nel 2016 ha portato il Laboral
Kutxa alle Final Four di Eurolega e l’Alavés a tornare nella Liga dopo ben
tredici anni dall’ultima volta.
Gli esempi di città, piccole e
grandi, che hanno sfruttato il rapporto particolare fra la propria cittadinanza
e lo sport, un legame intrinseco nella storia cittadina, formano un lungo
elenco di esempi vincenti, il che non vuol dire solamente vittorie, ma
risultati su infrastrutture, giovani ecc.
Lubiana, la capitale della
Slovenia, ha l’Olimpija, le cui sezioni di calcio (FK Olimpija) e basket (KK
Union Olimpija) giocano nei due moderni impianti costruiti nell’area periferica
Stožice, con grande riguardo allo sviluppo dei giovani, seguiti e fatti
crescere anche sul piano scolastico.
Atene ha Panathinaikos, AEK e
Panionios, al Pireo l’Olympiacos è un’istituzione, mentre nel resto della
Grecia non si possono non citare PAOK ed ARIS Salonicco.
In Turchia troviamo Trabzonspor,
Karşıyaka, Beşiktaş, Fenerbahçe e Galatasaray.
CSKA e Dinamo Mosca, Zenit San
Pietroburgo (acquistò il Triumph Lyubersty), Bayern Monaco, Barcellona, Real
Madrid e Real Betis (che ha recentemente acquistato il Baloncesto Sevilla),
Partizan, Stella Rossa, Buducnost, Maccabi Haifa, Maccabi ed Hapoel Tel Aviv, APOEL
Nicosia.
La risorsa rappresentata dalla zona stadio a Reggio Emilia, nelle vicinanze anche dei campi di via Agosti |
La polisportiva è un esempio
sempre più attuato dalle singole città per rinforzare lo sviluppo sportivo
della propria città, perché utilissimo al fine sportivo, economico e lavorativo
del proprio territorio.
Non è un caso che A.S. Roma e
Paris Saint-Germain osservassero con interesse Virtus Roma e Paris-Levallois
rispettivamente.
Un board of directors gestisce
l’organizzazione “globale”, mentre ogni sezione durante la stagione lavora
autonomamente, rapportandosi settimanalmente con il club.
In futuro Reggio potrebbe essere
il primo esempio concreto, soprattutto con l’arrivo di un americano abituato al
concetto di franchigia e di possibili ritorni di grandi campioni, di una
polisportiva efficiente in Italia, dopo i grandi fasti di Benetton Treviso.
Idea interessante. Condivido soprattutto l'ipotesi di mantenere una forte identità delle singole squadre (maglie, colori, ecc.) per non disperdere il patrimonio storico delle varie società di origine. E' chiaro che ci vogliono disponibilità e, soprattutto, una dirigenza forte con identità di intenti e chiarezza di obbiettivi.
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